A chi dice o pensa che la psicoanalisi non c’entri nulla con la pedagogia, propongo la lettura del passaggio qui sotto – tratto da un più ampio articolo su Alice Miller che trovate nel blog – nell’ottica non di stabilire quale delle due abbia maggior valore ma di considerare l’inequivocabile e necessario legame che reciprocamente l’una ha con l’altra.
“…l’amore dei genitori è qualcosa a cui il bambino non può rinunciare ed è disposto a tutto per conservarlo; anche ad annullarsi, se necessario. L’annullamento della forza vitale del bambino corrisponde all’annullamento del suo vero Sé che, impossibilitato a esprimersi già in tenera età, obbligherà il piccolo a dotarsi di un Sé corrispondente alle richieste dei suoi genitori; in questo modo l’amore dei genitori è assicurato al caro prezzo della repressione della propria forza vitale. Non avendo alcuno strumento che gli consentirebbe di ribellarsi a questa violenza – nemmeno un piccolo spazio dentro di sé -, non avendo la legittimazione a esprimere tristezza, rabbia, odio per ciò che gli sta succedendo, cosa che solo un adulto amorevole e realmente interessato ad ascoltare i suoi bisogni potrebbe fornirgli, al bambino non rimane altro che spingere tutti questi sentimenti illegittimi nel più profondo del suo inconscio. Da adulto, il ricordo delle violenze subite continuerà a risiedere nel suo inconscio e ogni qual volta le situazioni della vita rischieranno di rievocarlo, di farlo emergere dal profondo, ecco che l’adulto, incapace di ascoltare il bambino che è stato, lo respingerà sempre più in fondo. Praticherà a scopo difensivo il meccanismo della scissione di parti del Sé, per lui invivibili e inaccettabili, e della loro proiezione all’esterno, depositandole sulle persone in relazione con lui.”